Fine di un matrimonio by Da Ponte Mavie

Fine di un matrimonio by Da Ponte Mavie

autore:Da Ponte, Mavie [Da Ponte, Mavie]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Marsilio
pubblicato: 2023-01-16T14:19:21+00:00


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Tanto per iniziare, bisognava cambiare la serratura: mi ci voleva una bella chiave nuova, ma nell’aspetto simile a quella che già avevo, così Libero non si sarebbe accorto di niente. Un giorno sarebbe venuto di soppiatto, credendosi furbo, mentre io ero in galleria o mentre ero fuori; avrebbe tentato di aprire la porta e… Ah, che peccato sarebbe stato non vederlo! Che spreco! Mi sarei persa la scena: la faccia di mio marito davanti all’uscio impenetrabile di casa sua, con la vecchia chiave in mano. Che spettacolo grottesco sarebbe stato. Chissà come avrebbe imprecato tra i denti, senza alzare la voce, per non sgualcire la sua immagine di uomo distinto e posato. Era una persona prevedibile Libero, aveva reazioni preconfezionate per ogni evenienza, un corredo di frasi adatte a ogni circostanza. Pure il portachiavi che aveva con sé lo rispecchiava, rientrava nel suo profilo: un pezzo di gomma verde raffigurante il logo di una casa farmaceutica. Ogni dettaglio portava l’impronta del suo nome e cognome, della professione e delle origini. Avrei dato qualunque cosa per vederlo, anche se, dentro di me, mi auguravo di non incontrarlo: forse non era il caso di presentarmi all’appuntamento di settembre con lui e con quel voltagabbana di Emilio. Chissà se si era già comprato un’auto sportiva, o magari una barca, col denaro di mio marito, come quelli che d’improvviso si ritrovano affogati nei quattrini e credono che il fatto di acquistare una barca sia una prova statutaria del salto sociale, del traguardo economico raggiunto. Era Emilio, che potevo aspettarmi? Faceva il suo gioco, coltivava i suoi interessi pecuniari, e solo quelli. Non gliene importava niente del Quartiere perché sapeva che le verità che io conoscevo e che condividevamo, le verità che ci rendevano fratelli di una storia familiare simile e sventurata, erano facili da dissimulare dietro il rettangolo di carta opaca di un assegno compilato e firmato a dovere. E di assegni, Libero doveva avergliene firmati diversi, perlomeno a giudicare dalla premura con cui Emilio mi aveva intimato di non disturbarlo, con una fermezza che era propria di un’ingiunzione più che di un consiglio amichevole. «Cioè tu mi stai dicendo che adesso non posso più fare una telefonata a mio marito, ho capito bene? A mio marito? Lo sai che siamo ancora sposati, vero?» gli avevo chiesto, con la malcelata aggressività di chi sta per andare a schiantarsi, procedendo nella direzione opposta a quella consentita. «Ma che gli devi dire?» aveva ribattuto Emilio. «Parla con me, che almeno sono amico tuo. Tu, le domande che hai, ponile a me, tanto che ne sa Libero? Che ti può rispondere lui?» Cercava di mostrarsi affabile, ma sentivo che stava cedendo; me ne accorgevo dalle smagliature nella sua pronuncia, che lasciavano filtrare sprazzi dell’inflessione dialettale delle nostre madri. «Senti, Berta: lascialo stare. Tanto adesso è fuori città. Ne riparliamo a settembre, prendiamoci questo tempo per ragionare» aveva concluso. Esitai, senza reagire: recalcitravo all’idea di collocare quella notizia nel cassetto giusto del mio schedario mentale, ridotto a una serie di cartoncini ingialliti e rosicchiati dai vermi.



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